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Considerazioni sul ruolo del laboratorio clinico nell’infezione da Coronavirus (COVID-19)

Ad oggi la pandemia da Coronavirus (COVID-19), imputabile ad un nuovo coronavirus (SARS-COV-2), ha prodotto nel mondo più di 2 milioni di contagi e circa 160.000 decessi; i servizi sanitari nazionali si sono trovati ad affrontare, spesso con mezzi inadeguati, una malattia di cui si conosceva pressoché nulla o molto poco.


Di Prof. Bruno Zappacosta

Ad oggi la pandemia da Coronavirus (COVID-19), imputabile ad un nuovo coronavirus (SARS-COV-2), ha prodotto nel mondo più di 2 milioni di contagi e circa 160.000 decessi (1); i servizi sanitari nazionali si sono trovati ad affrontare, spesso con mezzi inadeguati, una malattia di cui si conosceva pressoché nulla o molto poco.

Gran parte delle risorse disponibili in ambito sanitario, umane, logistiche, tecnologiche, sono state tempestivamente dirottate su questa nuova emergenza, sia a livello di reparti di degenza che di servizi. Questa inevitabile decisione ha comportato, per le strutture sanitarie, la necessità di limitare le attività ambulatoriali ed i ricoveri ai soli casi urgenti riducendo invece le accettazioni elettive, con la duplice finalità di evitare occasioni di contagio per i pazienti e di garantire alla struttura di poter affrontare un eventuale improvviso sovraccarico di pazienti COVID-19.

Alla pari di altri servizi diagnostici (radiodiagnostica, citologia), anche il Laboratorio Analisi si è visto costretto a modificare alcune routine, e ad introdurne magari di nuove ove non già presenti, per concentrare le forze sui pazienti COVID-19.

Sulla scorta delle informazioni diffuse sin dalle prime fasi della diffusione della malattia, si potrebbe essere erroneamente portati a inquadrare essenzialmente sotto l’aspetto respiratorio la patologia da COVID-19, mentre in questi pazienti sono altrettanto importanti il rischio di malattie cardiovascolari, lo scompenso multi-organo e le complicanze tromboemboliche, solo per citare alcune delle complicanze che affliggono il decorso della malattia e che fanno da corollario al quadro respiratorio (2,3).

Ma in questo dramma che si sta vivendo negli ospedali, quale ruolo ha il laboratorio? Situazioni sanitarie come la COVID-19 vedono il laboratorio clinico sicuramente coinvolto in misura significativa e ogni settore del laboratorio ha contribuito con le specifiche competenze nelle diverse fasi della malattia, dalla diagnosi, al controllo dell’andamento, alla sorveglianza epidemiologica (4), dimostrando che  la capacità di rispondere con efficacia in caso di un’epidemia come quella in atto diventa critica ai fini del controllo dell’infezione e della prevenzione.

La pandemia da COVID-19 sta mettendo a dura prova i diversi sistemi sanitari nazionali e per questo si è cercato di approntare strumenti diagnostici affidabili che permettessero di identificare ed isolare rapidamente i soggetti contagiati dal virus; sicuramente fondamentale si è rivelata a questo scopo l’identificazione dell’RNA virale attraverso la Real Time PCR (5,6) (grazie soprattutto alla disponibilità degli scienziati cinesi che hanno messo a disposizione della comunità internazionale le necessarie informazioni riguardanti il genoma) su tamponi nasali, orofaringei o su liquido di lavaggio bronchiale, pur con alcuni limiti imputabili a problemi di campionamento (quantità del campione disponibile, sede del prelievo), tecnico-organizzativi (tempi di risposta, addestramento del personale, validazione dei kit commerciali) ed economici.

L’intervento del laboratorio non può però limitarsi alla fase diagnostica; sono stati infatti già pubblicati diversi studi che riportano i parametri dimostratisi utili a monitorare l’andamento della malattia e la sua eventuale progressione verso forme più gravi. Tra questi, sicuramente indicativi di una progressione sfavorevole figurano la linfopenia, i livelli aumentati di Interleuchina 6 (IL6), di Proteina C reattiva (CRP), di lattico deidrogenasi (LDH), di Troponina, una ridotta concentrazione di Albumina e l’alterazione di alcuni indici di coagulazione come il D-dimero e il tempo di Protrombina. Il coinvolgimento del sistema immunitario, seppure non efficace ai fini della prognosi, è testimoniato dalla riduzione in circolo di CD8+ e CD4+ associata ad un peggioramento delle condizioni cliniche. (7,8)

Altro strumento a disposizione del laboratorio, che potrebbe rispondere a più interrogativi nel corso dell’infezione da COVID-19, è rappresentato dai test sierologici in grado di identificare gli anticorpi (IgG e IgM) anti SARS-CoV-2, al momento ancora oggetto di discussione sia a livello scientifico che politico; queste indagini avrebbero il vantaggio di monitorare l’infezione nei diversi stadi della malattia, soprattutto come controllo del decorso della stessa e come strumento di sorveglianza epidemiologica, non potendosi ancora sostituire a pieno titolo alla RT-PCR per la diagnosi di infezione virale.

L’interesse che ruota attorno all’applicazione su larga scala dei test sierologici si basa soprattutto sull’idea di studiare la popolazione asintomatica o con sintomatologia modesta, dando magari la precedenza agli operatori sanitari, per fare chiarezza sulla reale percentuale di popolazione venuta a contatto con il virus e, di conseguenza, sullo stato generale di immunizzazione.

L’offerta di questi test da parte delle case produttrici è in continuo aumento ma ancora non sono disponibili studi sufficientemente significativi per orientare al meglio la scelta; sono stati proposti e valutati test sierologici che sfruttano metodiche diverse: IFA, ELISA, CLIA. Di recente sono stati immessi sul mercato anche test rapidi immunocromatografici, sulla cui affidabilità, tuttavia, si rilevano pareri ancora non univoci. (4,7)

Le potenzialità appena in parte indicate, di un laboratorio nel fronteggiare la pandemia da COVID-19 non possono prescindere dalla disponibilità di personale sanitario in grado di far fronte all’emergenza e in possesso di competenze specifiche, di un adeguato approvvigionamento strumentale e diagnostico, di infrastrutture idonee. Il personale di laboratorio è formato per lavorare sempre in condizioni di sicurezza, ben sapendo che ogni campione biologico è da considerarsi potenzialmente a rischio infettivo ma, in questo particolare momento, le precauzioni ulteriori che sono state adottate riflettono la gravità della situazione e la pericolosità dei materiali da cui il virus può essere isolato e con cui gli operatori possono venire a contatto (saliva, secrezioni del tratto respiratorio, sangue, urine, feci). Per queste ragioni particolare attenzione è stata raccomandata in caso di manipolazione di campioni la cui preparazione prevede manovre che possono determinare la formazione di aerosol; per queste procedure è tassativo l’impiego di cappe di sicurezza biologica di Classe II. (9)

Impegno che assolutamente non può essere ignorato da parte dei responsabili del laboratorio e della struttura sanitaria riguarda l’addestramento del personale all’uso corretto dei dispositivi di protezione, la limitazione di accesso al laboratorio e il controllo delle procedure di sanificazione degli ambienti e delle superfici di lavoro.

Anche per i laboratori, come per tutte le altre unità operative delle strutture sanitarie, l’emergenza COVID-19 ha sicuramente rappresentato un’importante sfida che tuttavia ci si avvia a vincere avendo potuto contare sulla professionalità, la dedizione e la disponibilità di tutte le figure coinvolte.

Bibliografia

  1. www.salute.gov.it
  2. Driggin E, Madhavan MV, Bikdeli B et al. Cardiovascular considerations for patients health care workers and health systems during the coronavirus disease 2019 (COVID-19) pandemic. JAMA 2020 (e-pub ahead of print). Doi: 101016/j.jacc.2020.03.031
  3. Huang C, Wang Y, Li X et al. Clinical features of patients infected with 2019 novel coronavirus in Wuhan, China. Lancet 2020; 395 (10223): 497-506
  4. Lippi G and Plebani M. The critical role of laboratory medicine during coronarovirus disease 2019 (COVID-19) and other viral outbreaks. Clin Chem Lab Med 2020 (e-pub ahead of print) doi.org/10.1515/cclm-2020-0240
  5. Corman VM, Landt O, Kaiser M et al. Detection of 2019 novel coronarovirus (2019-nCoV) by real-time RT-PCR. Euro Surveill 2020:25 doi: 10.2807/1560-7917. ES 2020.25.3.2000045
  6. World Health Organization. 2019 laboratory testingfor coronarovirus (COVIV-19 in 2020). March 2 interim guidance: suspected human cases. World Health Organization (Available from: https//apps.who.int/iris/handle/10665/331329
  7. Infantino M, Damiani A, Li Gobbi F et al. Serological assays for SARS-COV-2 infections disease: benefits, limitations and perspectives. IMAJ 2020; 22: 203-210
  8. Favaloro EJ, Lippi G. Recommendations for minimal laboratory testing panels in patients with COVID-19: potential for prognostic monitoring. Sem Thromb Hemost published online 2020-04-12
  9. Pambuccian SE. The COVID-19 pandemic: implications for the cytology laboratory. Journal of the American Society of Cytology 2020; xx:1-10
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