Mi chiamo Alice e ho appena terminato il mio quarto anno di corso nella facoltà di Medicina e Chirurgia. Ho iniziato il mio secondo semestre in Spagna, in particolare nella città di Valencia, grazie al programma di mobilità internazionale in Erasmus+. Sono partita a fine gennaio e sono tornata a fine giugno. Questi sei mesi mi hanno regalato delle emozioni indimenticabili e a ciò hanno contribuito tutte le magnifiche persone che ho conosciuto.
Sin da quando frequentavo il liceo avevo il desiderio di trascorrere parte della mia carriera accademica all’estero. Questo sogno si è realizzato quando sono venuta a studiare all’Università Cattolica Nostra Signora del Buon Consiglio di Tirana, ma sentivo che mancava ancora qualcosa. Mi sarebbe piaciuto studiare in un’altra lingua che non fosse l’italiano per vivere ancora più profondamente la mia esperienza di vita e di studio all’estero, per cui ho iniziato ad informarmi sulle possibilità che la mia università offrisse. Mi ricordo vividamente di quando ho letto per la prima volta il bando per l’Erasmus all’Università Cattolica “San Vicente Mártir” di Valencia. Non ho esitato nemmeno un secondo a compilare la domanda per partecipare alla selezione: ho raccolto tutti i documenti necessari e ho fatto il colloquio con la commissione Erasmus. L’attesa è stata la parte più spaventosa, perché i posti disponibili non erano molti e io volevo veramente essere selezionata per partire. Dopo qualche settimana è arrivata l’email che mi comunicava di essere vincitrice della selezione per il programma. Ero molto felice e non potevo crederci. I mesi prima della partenza sono trascorsi molto rapidamente e io ero contenta che in qualche settimana sarebbe iniziata questa esperienza che mi ha cambiato la vita. Qualche giorno prima di partire però sono stata assalita da dubbi e da paure, perché partire per l’Erasmus non significa solo andare in Spagna per sei mesi e divertirsi, ma significa anche lasciare la propria comfort zone, lasciare la propria quotidianità e soprattutto lasciare gli amici con cui hai trascorso tutte le tua giornate, per andare in uno stato in cui non si conosce nessuno e dove bisogna ricominciare da zero. Fortunatamente la mia famiglia e i miei amici mi sono stati vicino e mi hanno rassicurata, convincendomi a partire senza paure. Li ringrazio veramente molto per avermi spinta a farlo, perché alla fine dei conti, l’Erasmus si è rivelata una delle esperienze più importanti e belle della mia vita. Valencia è diventata la mia seconda casa, mi sono innamorata della città e delle sue tradizioni. Ho conosciuto studenti provenienti da tutto il mondo. Mi hanno raccontato delle loro culture e abbiamo creato insieme dei ricordi indelebili. Eravamo talmente tanti studenti provenienti da differenti parti del mondo, che quando uscivamo tutti insieme, non si parlava una sola lingua, ma almeno due o tre. Abbiamo viaggiato per la Spagna, abbiamo partecipato a numerosi eventi che le associazioni studentesche Erasmus di Valencia organizzavano e la cosa più importante è che abbiamo stretto delle amicizie che dureranno per sempre. Ovviamente l’Erasmus è anche tanto altro, perché per questi sei mesi sono stata nei panni di una normale studentessa “spagnola”. Ho partecipato a seminari e laboratori organizzati dai professori e ho anche fatto delle presentazioni con altri studenti in lingua spagnola durante le lezioni. All’inizio avevo paura di non riuscire a capire e a comunicare, ma non ho avuto grandi difficoltà. Io avevo già studiato lo spagnolo durante i tre anni della scuola media, ma con il tempo e con la voglia di imparare, seguire le lezioni e parlare con i professori non è stato difficile. Per di più, il programma di mobilità offriva un corso di spagnolo della durata di 3 mesi con test finale che certificava il tuo livello.
Un aspetto che ho apprezzato molto dell’università spagnola è stato che tutti, dai professori ai collaboratori scolastici ai membri degli uffici, si sono offerti di aiutarci, rendendosi disponibili per qualsiasi tipo di emergenza, non solo riguardante l’università, ma anche per eventuali problemi di salute o legati alla burocrazia. Ci hanno fatto sentire a nostro agio e soprattutto sereni di essere in uno stato straniero senza nessun tipo di appoggio.
Quando si avvicinava la sessione di esami e quindi anche la fine della mia esperienza, ho provato un miscuglio di sensazioni: avevo paura di non essere in grado di superare gli esami, essendo una modalità diversa da quella a cui ero abituata, ero triste che in poche settimane avrei dovuto dire addio alle persone con cui avevo trascorso quasi ogni momento della giornata e in più avevo paura che una volta tornata alla mia quotidianità in Albania, qualcosa sarebbe cambiato. Solo alla fine di tutto mi sono resa conto che queste paure fossero lecite, ma infondate. Gli esami non sono stati troppo difficili e anche lì i professori sono stati disponibili e comprensivi delle nostre difficoltà; è stato triste aver dovuto salutare tutti i miei amici, ma l’averli salutati in Spagna non significa che non li avrei mai più rivisti, infatti con le mie amiche più strette parlo quasi ogni giorno; infine la paura che al mio ritorno la situazione sarebbe stata differente è sparita nel primo istante in cui ho riabbracciato tutti i miei amici qui in Albania, lì ho capito quanto mi volessero bene e quanto fossero felici che io fossi tornata per restare.
L’unica sensazione differente che ho percepito al mio ritorno a casa è stata l’aver vissuto un’esperienza straordinaria, che mi ha permesso di crescere come persona e di affrontare difficoltà che mai avrei pensato che sarei riuscita ad affrontare da sola.
In conclusione, io consiglio a tutti gli studenti che hanno l’opportunità di partire per l’Erasmus di farlo, perché anche se non sarà facile all’inizio, alla fine sarete grati a voi stessi di averlo fatto e soprattutto sarete orgogliosi di voi stessi per non esservi fermati davanti ad un ostacolo.
Alice Cudemo